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I segreti dei corsi di memoria e le tecniche di memorizzazione

Oggi ho avuto il segnale che dovevo scrivere questo articolo.

Da tempo volevo scrivere qualcosa che mi raccontasse, qualcosa che andasse oltre alla pagina dove mi descrivo.

Poche ore fa ho avuto una notizia:
la persona che ha fatto conoscere le tecniche di memorizzazione in Italia, Johnny Nacinelli, è morto.

Ringrazio il sig. Fausto Pozzi per avermi dato il permesso di usare la foto che ho usato per l’articolo:
una foto dove compaiono dei giovanissimi Roberto Re, Andrea Coppero e Gianluca Tonelli.

Johnny,
la persona che ha formato e fatto crescere Roberto Re, il coach più importante in Italia.
La persona che ha insegnato a lavorare a Gianluca Tonelli e Andrea Coppero, i miei istruttori.
La persona dalla quale poi è nata tutta la formazione in Italia, nel bene e nel male.

Se mi segui da un pò, anche attraverso la pagina o hai visto il video di qualche mia lezione, sai benissimo cosa penso dei corsi di memoria e del perché ho creato un metodo diverso.

I corsi di memoria hanno molti difetti  sia a livello tecnico che strutturale:
addirittura, rimango basito quando vedo che alcune persone li fanno tali e quali a quelli di 20 anni fa.
Per fortuna le persone più in gamba li hanno rinnovati e resi più performanti.

Ma ci sono state delle dinamiche che mi hanno permesso di imparare cose molto più importanti delle tecniche, strumenti che non sono sul mercato ma fondamentali per migliorare.
Qualità che paradossalmente alcuni coach propongono in vari corsi, ma che possono essere insegnati solo nella forma teorica, e se hai la pazienza di leggere tutto l’articolo capirai cosa voglio dire.

Ho deciso di partire dall’inizio, raccontandoti il mio punto di vista.
Il dietro le quinte dei corsi di memoria.

Il corso di memoria

Nel lontano ’93 sento uno spot che propone un corso di memoria a Mestre.
Vado alla presentazione, mi iscrivo e successivamente frequento anche quello di lettura veloce.

Per carattere, non mi sono mai legato a nessun gruppo in particolare e quando mi è stato proposto di collaborare, ho deciso di accettare, ma non ero assiduo agli incontri.

La collaborazione consiste nell’invitare altre persone alla presentazione (cosa che non ho mai fatto) e dare una mano in sala:

  • accogliere le persone
  • preparare il materiale (cartelline, penne, fogli)
  • imparare a fare piccole parti di presentazione (qualche esercizio)

Rigorosamente in giacca e cravatta.

Se per qualcuno può sembrare una forzatura, in realtà è un modo per iniziare a ragionare come un professionista: imparare ad avere precisione nei dettagli.

Mangiare asfalto

Gianluca e Andrea decidono di aprire 2 sedi a Roma.

Chi vuole iniziare l’avventura, deve accettare di vivere in un camper con altre 2 persone.
Il futuro istruttore dei centri di Roma e un altro collaboratore.
Un camper che di giorno è l’ufficio dove invitare le persone per fare una mini presentazione e di notte si trasforma nel luogo di un meritato riposo.
Impari a gestire l’ordine, perché se sbagli, in un camper con 3 persone diventa un casino.
E capisci come organizzarti con le lavatrici a gettone del campeggio e a stirare le camicie.

E mentre di giorno ci si sposta per Roma, soprattutto davanti alla Sapienza o in Largo Europa all’EUR, di sera si torna in campeggio per cenare e riposare.
Sveglia alle 6, corsa veloce per la doccia, veloce perché a novembre/dicembre anche a Roma il clima è freddino a quell’ora.
Colazione e pronti a invitare persone per la presentazione, che veniva fatta una volta alla settimana in un hotel.
Tutti i giorni, domenica compresa, in piedi in strada fino alle 21 circa.

Forse sarà capitato anche a te di essere fermato da un ragazzo o da una ragazza che ti invita ad una presentazione di tecniche di memoria.
Chiaramente parlo solo per me, ma dietro quell’invito c’è una carica particolare, rappresentata dalla nostalgia di casa, dal ritmo duro e forgiata dai tanti no ricevuti.

Prove e soddisfazioni

Perché in realtà era una gara con me stesso, un confronto con la mia paura della critica, la mia timidezza, la voglia di tornare a casa in un letto comodo e cazzeggiare con gli amici.

Poi  però, arrivano in presentazione persone sconosciute che ho invitato giorni prima, parlandoci per soli 5 minuti, ed esplode una grandissima soddisfazione.
Queste persone dedicano la loro cosa più preziosa, il tempo, per partecipare ad una presentazione e sostanzialmente perché si sono fidate di me, di quello che ho detto loro.

Successivamente, qualcuno decide  di iscriversi e frequentare il corso.
Molto spesso si crea un legame particolare, amicizie che poi durano anni (e continuano tutt’ora). Magia.

Dopo un pò  inizio a insegnare parti sempre più complete di corso, fino a diventare istruttore.

Ma diventare istruttore non significa semplicemente sapere le tecniche e non c’entra nulla con quelli che fanno finta di fare i fenomeni, sparando ogni tanto qualche frase motivante letta da qualche parte.
Per me, e sicuramente per altri, è di più. Molto di più.

E’ l’emozione di vedere persone che spontaneamente mi cercano per ringraziarmi, al di là delle tecniche.
E’ la consapevolezza che è partito tutto grazie a un gruppo di 3 ventenni sfigati che sono riusciti a sviluppare un centro frequentato da persone veramente motivate a migliorare se stesse e ottenere risultati.
Un gruppo che in poco tempo è diventato di 30 persone.

Amici che poi all’esame prendono 30, oppure lasciano per strada una timidezza eccessiva.

E una delle paure più grandi che avevo (e che ho, perché alla fine nessuna paura per fortuna ti abbandona mai) si è trasformata in uno dei miei punti di forza.

NO, non è una frase fatta.

E’ un pensiero che arriva dritto da tutti i NO ricevuti, le prese i giro, le risate dietro le spalle..
perché alla fine, a stare in mezzo ad una strada in giacca e cravatta con un biglietto di carta a fermare sconosciuti, capita che ti diano del coglione.
Capita che qualche volta ti senti coglione.

Soprattutto quando incontri qualche professorone universitario che afferma che le tecniche non servono e non funzionano.
Il tempo ha dimostrato chi aveva ragione.
Adesso certe cose sono scontate, in quegli anni NO.

Poi pensi anche al gruppo che hai creato, un circolo virtuoso dove si respira positività:
non quella falsa tipica degli ambienti di lavoro,
quella sana.

Quella positività che deriva dal vedere realizzati i tuoi obiettivi dopo la fatica, i sacrifici e le rinunce.
E i tuoi risultati sono la conseguenza naturale dei risultati di altre persone.

Pensi che hai costruito un punto di riferimento dove ognuno va e viene, magari per qualche incontro o per collaborare un mese o due.
Per risolvere qualche dubbio o imparare a stare davanti ad una sala.
Come piace a me, senza che nessuno si senta costretto o senza il rischio che la cosa si possa trasformare in una specie di gruppo chiuso o, peggio, una specie di setta.
Io sarei il primo ad andarmene.

A volte, in alcune aziende, ho visto che le collaborazioni diventano un luogo dove i corsisti sono spremuti fino all’osso per vendergli un pò di tutto:
dal corso di Time Management a quello di gestione del criceto blu del Madagascar, a seconda dell’estro del responsabile di turno.

Tiriamo le somme

Tutto questo, senza il lavoro e lo spunto di Johnny Nacinelli, non sarebbe mai esistito, non ci sarebbe la conoscenza che oggi abbiamo sulle tecniche di memorizzazione.

Nel bene e nel male.

Come in tutte le esperienze umane, c’è sempre chi crea opportunità e chi costruisce trappole.
Chi rincorre il miglioramento per sè e per gli altri e chi fa terra bruciata dopo il suo passaggio.

La differenza tra chi è sempre al lavoro per mettersi in discussione e migliorare, anche se questo significa lavorare sul proprio orgoglio..
..e chi preferisce imparare una formula e ripeterla all’infinito, perché tanto alla fine, in qualche modo e per qualcuno funziona.

Bene, ricapitolando, capisci ora cosa intendo quando all’inizio dell’articolo ho scritto che CERTE cose non le puoi imparare ad un corso?

  • Nessuno può insegnarti la stanchezza delle gambe e dei piedi gonfi che vanno in contrasto con la tua volontà e determinazione di finire il tuo lavoro.
  • Nessuno può insegnarti cosa provi quando te ne stai in piedi al freddo in mezzo a degli sconosciuti e vorresti essere al caldo davanti alla tv.
  • Nessuno può spiegarti cosa provi quando una persona ti abbraccia perché ha superato un esame universitario importantissimo.

Inizierei di nuovo un’avventura del genere?
Ricostruire un centro che sia un punto di riferimento costruttivo e propositivo per tutti?
A caldo rispondo di si’, ma sono consapevole che è una risposta data a caldo…

La certezza posso averla nei prossimi giorni, nelle prossime settimane, quando l’impatto emotivo sarà sceso per lasciare spazio alla parte più razionale.

P.s.

Se sei arrivato a leggere fino a qui, complimenti!
Perdonami se l’articolo può risultare difficile da scorrere, ma sostanzialmente l’ho scritto per me.

Inoltre, approfitto per ringraziare le persone della foto:
pur conoscendone direttamente solo qualcuna, ho la certezza che sono tutte in gamba.
Quel gruppo è formato da persone con qualcosa in più.

 

 

 

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2 risposte

  1. Bellissimo racconto..complimenti! davvero emoziona il solo leggerlo – figuriamoci il viverlo! mi si permetta: complimenti non solo (non tanto) a chi arrivi fino in fondo… ma (anche e sopratutto) a chi l’ha scritto: in modo cosi “vivace” da renderlo reale per il lettore (e non solo per se stesso!)! grazie 🙂

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